Il TAR del Lazio ha accolto il ricorso delle Associazioni delle pmi dell’ICT, che ora hanno una chance per partecipare alla costruzione del sistema di identificazione digitale.
Il Tar del Lazio ha dato ragione ad Assintel e Assoprovider: le due associazioni di Confcommercio avevano impugnato il decreto SPID(Sistema Pubblico per la gestione dell’Identità Digitale di cittadini e imprese, ndr) in quanto lesivo della concorrenza nell’ambito della costruzione del nuovo sistema di identificazione digitale. La prima sezione del Tribunale amministrativo ha infatti annullato le prescrizioni contenute nell’articolo 10 del decreto della Presidenza del Consiglio (G.U. n. 285 del 9 dicembre 2014), accogliendo in toto le censure articolate dallo studio legale Sarzana e Associati, relativamente ai requisiti necessari per esercitare le attività degli Identity Provider. Il pomo della discordia è stato il requisito che impone un capitale sociale sproporzionato per potersi accreditare come fornitori dello SPID, capitale a cui gli operatori pubblici non sono invece soggetti: questo avrebbe dato luogo ad una indebita discriminazione in favore di questi ultimi, introducendo effetti distorsivi nel mercato e cagionando una rarefazione della concorrenza nel settore, in pieno contrasto con quanto prescrive l’ordinamento comunitario. “E’ un primo grande risultato per ridare dignità alle piccole e medie imprese digitali, in un Paese in cui l’Innovazione è troppo spesso appannaggio di poche grandi realtà che falsano il mercato”, commenta Giorgio Rapari, presidentedi Assintel. “Assintel è coinvolta in prima persona su più tavoli di confronto: la vittoria sulla vicenda SPID potrebbe essere quell’apri-pista necessario per attivare nei nostri interlocutori istituzionali la medesima sensibilità rispetto a tutti gli altri temi legati all’Innovazione, primo fra tutti quello dell’aggiudicazione delle gare pubbliche nella nuova normativa dei codici degli appalti”. “La digitalizzazione del paese deve essere un processo partecipativo, non discriminatorio, e lo Stato non può contemporaneamente auspicare la nascita e sviluppo delle startup e poi limitare artificiosamente i settori nei quali queste possono operare. L’innovazione non è una questione di capitale sociale ma solo e soltanto di capitale umano. Assoprovider ritiene che sia giunto il tempo di rimuovere tutti i vincoli che frenano la diffusione dal basso dei servizi e della tecnologia, cosa che riguarda anche il vincolo di 1 milione di euro di capitale sociale minimo richiesto per divenire gestore di Posta Elettronica Certificata”, commenta da parte sua Dino Bortolotto, presidente di Assoprovider