TAR accoglie ricorso avvocato

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TAR accoglie ricorso avvocato

La terza sezione del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, presieduta dalla Presidente della Sezione Gabriella de Michele, giudici a latere Vincenzo Blanda e Silvio Lomazzi,  con sentenza n 12421/2016, pubblicata il 13 dicembre 2016, ha accolto parzialmente il Ricorso presentato da Telecom Italia e da ASSOPROVIDER ( che è intervenuta nel corso del giudizio) in relazione ai contratti conclusi dai consumatori nel settore, annullando cosi l’art 6, comma 1,  della Delibera 519/2015 dell’AGCOM, firmata dal Commissario Francesco Posteraro,  recante “Regolamento recante disposizioni a tutela degli utenti in materia di contratti relativi alla fornitura di servizi di comunicazioni elettroniche”.

TAR accoglie ricorso avvocato

L’Associazione  ASSOPROVIDER è stata difesa in giudizio  dagli Avvocati Fulvio Sarzana di S.Ippolito e Maria Sole Montagna, dello Studio legale di Roma, Sarzana e Associati.

La sentenza è importante in quanto il TAR afferma che “La norma ( ndr il Regolamento dell’AGCOM) , tuttavia, non risulta conforme alla disciplina di rango primario e, in particolare, all’art. 70 del codice delle comunicazioni elettroniche che si occupa dei contratti conclusi tra consumatori e fornitori del servizio di telefonia, disciplinandone i contenuti essenziali, del potere dell’Autorità di vigilanza e del diritto di recedere dal contratto previsto in favore degli abbonati.

Dalla norma appena richiamata non si evince alcuna attribuzione all’Autorità del potere di limitare o condizionare la facoltà degli operatori di telefonia mobile di modificare il contenuto del contratto stipulato con i consumatori.”

I motivi dell’annullamento sono cosi spiegati dal TAR.

“Con il primo ed il secondo motivo, che possono essere trattati congiuntamente per la loro stretta ed evidente connessione, la ricorrente contesta l’art. 6 del Regolamento e il connesso allegato 1, sostenendo in particolare che le predette disposizioni siano nulle per difetto assoluto di attribuzione ai sensi dell’art. 21 septies, della 1. n. 241/1990, in quanto l’Autorità non sarebbe titolare del potere di regolare i rapporti contrattuali tra gli operatori della telefonia e i singoli utenti.

In particolare l’art. 6, nella parte in cui dispone che gli operatori possano modificare “le condizioni contrattuali solo nelle ipotesi e nei limiti previsti dalla legge o dal contratto medesimo”, non troverebbe alcun riscontro sia nell’art. 70 del Codice delle comunicazioni elettroniche, sia nell’art. 33 (in materia di clausole vessatorie) del Codice del Consumo.

Analoghe censure sono sviluppate con il secondo motivo in cui si denuncia l’illegittimità dell’art. 6 del Regolamento, sul presupposto che l’art. 70 del D.lgs.1.8.2003, n. 259 – Codice delle Comunicazioni Elettroniche (anche CCE) non conterrebbe alcuna disposizione che autorizzi l’Autorità a limitare l’esercizio dello ius variandi.

La tesi della ricorrente merita adesione.

L’art. 6 dell’avversato regolamento prevede che gli operatori possano modificare “le condizioni contrattuali solo nelle ipotesi e nei limiti previsti dalla legge o dal contratto medesimo”.

La norma, tuttavia, non risulta conforme alla disciplina di rango primario e, in particolare, all’art. 70 del codice delle comunicazioni elettroniche che si occupa dei contratti conclusi tra consumatori e fornitori del servizio di telefonia, disciplinandone i contenuti essenziali, del potere dell’Autorità di vigilanza e del diritto di recedere dal contratto previsto in favore degli abbonati.

Dalla norma appena richiamata non si evince alcuna attribuzione all’Autorità del potere di limitare o condizionare la facoltà degli operatori di telefonia mobile di modificare il contenuto del contratto stipulato con i consumatori.

Tale attribuzione non è nemmeno rintracciabile nella legge istitutiva dell’Autorità Garante per le comunicazioni, che attribuisce all’Autorità la funzione di vigilanza e controllo a garanzia della trasparenza e della concorrenzialità delle offerte economiche.”

Né tale attribuzione può essere desunta, come sostiene la difesa dell’Autorità, dall’art. 33 del Decreto legislativo, 6.9.2005, n. 206 (Codice del Consumo), al quale l’art. 6 del regolamento farebbe implicito rinvio, in quanto tale previsione di diritto positivo disciplina esclusivamente le clausole che, nell’ambito dei contratti con i consumatori, sono da considerarsi vessatorie.

In altri termini il menzionato art. 33 non attribuisce all’Autorità alcun potere di limitazione del contenuto dei contratti, né può ritenersi (come sembra sostenere la difesa dell’Autorità) che dalla previsione di cui al comma 2, lett. m) della norma possa inferirsi in modo automatico la possibilità per gli operatori telefonici di modificare i contratti nei limiti previsti dagli stessi contratti.”

Per questi motivi ” Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in parte motiva e, per l’effetto, annulla l’art. 6, comma 1, ella delibera n. 519/15/Cons.”

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