I veri problemi sono domain grabbing e cybersquatting
di Fulvio Sarzana di Sant’Ippolito*
Il Governo si accinge a presentare al Parlamento un disegno di legge recante disposizioni in materia di disciplina dell’utilizzazione di nomi per la identificazione di domini internet e servizi in rete. Il principio cardine del provvedimento in oggetto è quello del divieto di utilizzazione di alcuni nomi dettagliatamente indicati nell’art 1, comma 1, lettere a), b), c), d), e).
Per quanto riguarda in particolare la registrazione di nomi identici da parte del soggetto legittimato, resta il dubbio nei casi di perfetta omonimia.Come andr‡ risolto il problema? Con l’aggiunta di altri elementi tali da evitare possibili confusioni? La regola del “primo arrivato, primo servito” nata nel mondo anglosassone qui puÚ creare ingiustizie ed interminabili controversie.
Tra le prime soluzioni prospettate per risolvere il problema, che non viene affrontato espressamente dal legislatore, vi Ë anche l’aggiunta di un suffisso numerico al nome dei successivi aventi titolo con conseguenze che perÚ rasentano il paradosso: il signor Mario Rossi che arriva per secondo infatti potr‡ al pi˘ registrare il dominio “MarioRossi2” e cosÏ via per i successivi richiedenti: considerato il numero dei Mario Rossi esistenti in Italia potremmo agevolmente ipotizzare una sorta di interminabile “saga”. Se poi desiderassimo ulteriormente diversificare i nomi di dominio potremmo aggiungere anche le parole “mariorossi2-la-rivincita” o “mariorossi3-la-vendetta” completando cosÏ il processo di immedesimazione del sistema di assegnazione dei nomi a dominio con i migliori film d’azione americani!
Passando ora all’esame degli altri principi, occorre evidenziare i profili della retroattivit‡ della norma e della incommerciabilit‡ dei nomi di dominio ove iscritti in violazione dei divieti di cui all’articolo 1. In ordine al primo punto Ë da dire che la istituenda anagrafe nazionale dei nomi di dominio ha il potere di disporre la cancellazione della iscrizione ancorchÈ precedente alla data di entrata in vigore del provvedimento. In merito al secondo punto occorre registrare una sostanziale differenza della legislazione italiana rispetto alla normativa ed alla prassi negoziale statunitense.
Gli americani infatti, pur avendo approntato una legislazione estremamente severa in tema di cybersquatting non si sono neppure sognati di rendere incommerciabile qualcosa che potesse essere venduto ed infatti i contratti relativi ai nomi di dominio, in via generale, sono perfettamente validi. La soluzione scelta dal legislatore italiano determina invece una nullit‡ “assoluta” degli atti dispositivi sui domini. Questa asserzione cosÏ netta dovrebbe in sede di approvazione del provvedimento essere rivista: la compravendita di domini non puÚ essere considerata, a parere di chi scrive, illecita “di diritto”: ciÚ che deve essere considerato illecito Ë il domain grabbing ed il cybersquatting cioË l’occupazione arbitraria di siti a scopo di illecito concorrenziale e a scopo meramente di disturbo, ma non l’iniziativa del povero “mariorossi2-la-vendetta”, che vuole a tutti i costi, magari per fare piacere a mamm‡, essere identificato solo con Mario Rossi, e che dunque agisce per vie strettamente privatistiche per riappropriarsi del suo dominio.
E nemmeno l’iniziativa di una famosa attrice che, avendo lo stesso cognome di un macellaio di Modena che ha messo in onda una pagina web con due enormi corna, tenti di riappropriarsi del dominio prima che l’eventuale compagno decida di fare un giro su internet digitando il nome della fidanzata.
In ordine poi ai poteri della “anagrafe” istituita dall’art. 2 del disegno di legge Ë da osservare che la Registration Authority, istituita presso il CNR, provvede alla registrazione dei domini e a dirimere le eventuali controversie, nominando i membri un collegio di conciliazione ed arbitrale.
Non Ë specificato, ma dal testo della norma sembra potersi escludere, invece se i soggetti coinvolti nelle controversie possano partecipare alla scelta dei conciliatori. Dunque Ë lecito presumere che il soggetto che ha delle doglianze da esprimere si deve affidare all’Autorit‡ senza poter in alcun modo influire sulla scelta degli arbitri. Dato l’alto livello di cointeressenza tra l’istituenda struttura e gli organi politici potrebbe non essere facile la situazione di un imprenditore che decida di far valere le proprie ragioni in materia di nomi di dominio e non sia gradito all’establishment politico-amministrativo.
Sarebbe stato pi˘ utile fornire informazioni sull’istituzione che presiede alla creazione ed alla gestione dell’anagrafe ed affermare con chiarezza che stiamo assistendo alla creazione di una nuova Authority (un’altra!!!), che dispone, decide e emette provvedimenti vincolanti per i richiedenti in una materia cosÏ rilevante (Ë forse utile ricordare che la valutazione dei nomi di dominio si aggira in alcuni casi attorno a diversi miliardi) senza nemmeno una norma istitutiva che almeno specifichi l’indipendenza degli organi di vertice dal potere politico.
Sotto il punto di vista della tutela giurisdizionale dei richiedenti l’attribuzione, in ultima istanza, della competenza del giudice amministrativo in materia di controversie sui nomi di dominio suscita perplessit‡. Come specificato dall’art. 1 del disegno di legge governativo infatti Ë vietata, se non si Ë titolari del relativo diritto o non si Ë ottenuto il consenso all’utilizzo, la registrazione di nomi di persone fisiche e la registrazione di marchi e altri segni distintivi. La materia involge profili attinenti da un lato i diritti della personalit‡ (il diritto al nome) e dall’altro fattispecie in violazione della legge sui marchi, aspetti tutti di spiccata rilevanza civilistica. CosÏ facendo si attribuisce al giudice amministrativo la tutela di fattispecie che avrebbero dovuto ricadere nell’orbita di giurisdizione del giudice civile, creando confusione sulla natura dei diritti tutelati.
Per concludere, l’impianto normativo relativo alla tutela dei nomi di dominio appare alquanto fragile, probabilmente influenzato dalla fretta di rispondere alle pressioni dell’opinione pubblica e di mostrare qualche concreto risultato dopo il vertice dei Ministri europei a Lisbona. Gli stessi Ministri i quali, presi dal nuovo clima di intesa tra governi dell’ UE, non si sono accorti che la predisposizione di documenti unicamente programmatici serve solo a far spendere soldi allo Stato che invia i propri funzionari governativi. In campo nazionale, poi, una norma tecnicamente imperfetta come quella in commento potrebbe costituire un ostacolo allo sviluppo del commercio elettronico perfino pi˘ grave del maldestro tentativo da parte di alcuni soggetti di fare del domain grabbing il business della vita.