La Corte Suprema di Cassazione in una sentenza dei primi di luglio del 2017 interviene sulla validità della perquisizione e del sequestro di computer e di materiale informatico, in caso di reati tributari.
La vicenda aveva riguardato tre soggetti imputati per reati di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati finanziari ed emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Il Pubblico Ministero aveva disposto il decreto di perquisizione e sequestro del P.M., anche con le modalità del sequestro e della perquisizione “informatica”.
Avverso il provvedimento i tre indiziati avevano proposto ricorso al Tribunale del riesame che confermava il decreto di perquisizione informatica e sequestro emesso sulla base degli indizi del reato di associazione per delinquere (art. 416 cod. pen.) finalizzata, fra l’altro, all’evasione IVA.
In merito alle modalità di perquisizione informatica la Cassazione ha stabilito che ” sull’osservanza delle modalità dell’art. 247, comma 1 bis, cod. proc. pen. ( ndr la perquisizione informatica) il Tribunale adeguatamente motiva, rilevando, in fatto, il rispetto della norma al momento dell’accesso al sistema informatico quale modalità idonea a garantire la genuinità dei dati.
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