La Cassazione non sembra avallare, nella propria giurisprudenza, la scelta normativa di depenalizzare il trattamento illecito di dati personali, che sembrerebbe emergere dalle intenzioni del Governo Italiano.
Fra i motivi addotti a supporto dell’intenzione di depenalizzare la fattispecie vi è la supposizione in base alla quale la fattispecie avrebbe avuto scarsa fortuna in sede giudiziale.
Ma, in una sentenza della fine di marzo di quest’anno ( successiva dunque alla presentazione da parte del Governo della versione preliminare del decreto legislativo di adeguamento al Regolamento GDPR) il Supremo Collegio, ripercorrendo l’applicazione del reato che il Governo si appresterebbe a cancellare, effettua una lunga dissertazione sulla natura e funzione della fattispecie prevista dal Codice Privacy, a conforto del rigetto di un ricorso presentato da un soggetto condannato in grado di appello per il reato di trattamento illecito di dati personali.
Il Supremo Collegio identifica la presenza di ben 40 ( quaranta) precedenti di legittimità sull’art 167 codice privacy, e ciò per evidenziare non l’intera giurisprudenza di merito e di legittimità formatasi sulla fattispecie, ma solo quella su uno degli elementi del reato, ovvero il nocumento ai diritti dell’interessato.
Nella fattispecie la Cassazione ha ricordato come
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