Criptovalute: gli Utility token sono strumenti finanziari lo dice la Cassazione
Nuovo intervento della Corte di Cassazione in materia di criptovalute, utility token e strumenti finanziari.
La Suprema Corte, in sede cautelare penale, in una sentenza pubblicata a metà settembre del 2023, ha infatti dichiarato inammissibile il ricorso di due imputati
che contestavano la qualità di strumenti finanziari, conferito dalle Corti di merito, alle criptovalute, come bitcoin ed ethereum
ed a token rilasciati nell’ambito di un progetto sulla blockchain.
La Corte ha così statuito ” L’art. 166, comma 1, TUF – per quanto qui di interesse – punisce «chiunque, senza esservi abilitato» ai sensi dello stesso Testo unico: a) svolge servizi o attività di investimento o di gestione collettiva del risparmio»; «c) offre fuori sede, ovvero promuove o colloca mediante tecniche di comunicazione a distanza, prodotti finanziari o strumenti finanziari o servizi o attività di investimento». E, nel presupposto che le valute virtuali possono essere utilizzate pure «per finalità di investimento» (cfr. art. 1, comma 2, lett. qq), d. Igs. 231/2007, che definisce «valuta virtuale: la rappresentazione digitale di valore, non emessa né garantita da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi o per finalità di investimento e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente»), la giurisprudenza di legittimità ha condivisibilmente affermato che, in tema di intermediazione finanziaria, la vendita di esse, pubblicizzata quale forma di investimento per i risparmiatori, è attività soggetta agli adempimenti previsti dalla normativa in materia di strumenti finanziari di cui agli artt. 91 e seguenti del TUF, la cui omissione integra il reato di abusivismo finanziario di cui all’art. 166, comma 1. Il Tribunale, con riferimento al fumus commissi delicti dei delitti di cui agli artt. 640 cod. pen. e 166 d. Igs. 58/1998, ha evidenziato come i soggetti escussi nel corso delle indagini (segnatamente le 36 persone offese) abbiano rappresentato di essere state indotti «a fare investimenti in criptovalute, nell’ambito di un progetto chiamato XXX»; in particolare, come rilevato nell’ordinanza impugnata anche tramite il richiamo del provvedimento di perquisizione emesso dal Pubblico ministero e gli atti di indagine a fondamento di esso (segnatamente, l’annotazione di polizia giudiziaria, i verbali di sommarie informazioni e le denunce-querele), agli indagati è stato attribuito — nell’ottica propria della cautela reale — di aver prospettato ai medesimi soggetti, in mancanza degli atti ampliativi necessari per agire come operatori finanziari —«ingenti guadagni grazie all’investimento in cripto valute tramite società» collegate agli stessi imputati e di aver ricevuto (in cambio di token da impiegare nel detto circuito) denaro del quale si sono appropriati, raggirando chi ha erogato le somme e cagionandogli un ingiusto danno patrimoniale. Dunque, alla luce di quanto appena sopra esposto, i fatti come sopra ricostruiti (nella prospettiva indiziaria che qui rileva) conformemente al diritto sono stati sussunti nelle fattispecie per cui si procede (ivi compresa la truffa, alla luce dell’agire fraudolento ritenuto dal Tribunale).