Cassazione Bitcoin e custodia cautelare
La Suprema Corte di Cassazione interviene a fine dicembre del 2022 in un procedimento riguardante l’annullamento di una misura cautelare in carcere per reati che prevedevano anche l’utilizzo di criptovalute come bitcoin ed ethereum.
Il punto interessante, dal punto di vista delle criptovalute riguardava l’acquisto di bitcoin in occasione della commissione di reati di truffa e di frode informatica.
In particolare è stato sollevato dall’avvocato cassazionista il punto secondo il quale la compravendita di criptovalute che accede ad altri reati si dovrebbe qualificare come presupposto di una diversa attività criminosa e non possa quindi essere oggetto di una imputazione successiva di auto-riciclaggio.
Secondo il ricorrente, l’acquisto di criptovaluta, non essendo avvenuto in un momento ontologicamente distinto e successivo rispetto alla consumazione della frode informatica, sarebbe un elemento costitutivo del delitto di cui all’art. 640 ter cod. pen., che si occupa della frode informatica, poiché, per mezzo dell’acquisto delle monete virtuali, l’indagato si sarebbe procurato l’ingiusto profitto, con conseguente danno per la persona offesa.
L’indagato non avrebbe posto in essere alcuna ulteriore condotta al fine di occultare il denaro, provento di delitto, e l’acquisto di criptovalute risulterebbe riconducibile al reato presupposto di frode informatica o, se si dovesse condividere la qualificazione giuridica operata dal Pubblico ministero procedente, ai delitti di cui agli artt. 640, comma 2 numero 2 bis, e 493 ter cod. pen.
Il numero 2-bis, dell’art 640 cod pen., introdotto con art. 3, 28° co., L. 15.7.2009, n. 94, ha previsto che la aggravante comune della c.d. minorata difesa – ossia l’avere profittato di circostanze di tempo, di luogo e di persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa (art. 61, n. 5 c.p.) – costituisca un’aggravante speciale e ad effetto speciale del delitto di truffa, così determinando un inasprimento della risposta sanzionatoria collegata alla sua sussistenza, anche dal punto di vista della applicabilità della disciplina dettata, in caso di concorso di circostanze, dall’art. 63, co. 3 e 4. La ratio di tale scelta normativa è da cogliere nella volontà legislativa di rafforzare la tutela dei soggetti più deboli, stante anche il gran numero di truffe perpetrate a danno di soggetti anziani.
Il tema è destinato sicuramente ad avere rilevanza nei diversi procedimenti pendenti nei tribunali del nostro paese, visto l’utilizzo sempre più frequente delle criptovalute come mezzo di pagamento o, comunque, come strumento di scambio.
La Cassazione ha ritenuto tuttavia assorbita la contestazione in quanto ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per un difetto di forma.
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