I Bitcoin, anche se in un caso di truffa e per motivi incidentali rispetto alla loro natura, fanno il loro primo ingresso presso la Suprema Corte di Cassazione.
La sesta sezione penale della Corte di Cassazione a metà del 2018, ha infatti confermato la sentenza della Corte di appello di Milano che ha dichiarato l’esistenza delle condizioni per l’accoglimento della domanda di estradizione di un cittadino italiano, presentata dal Governo della Confederazione elvetica per il reato di truffa (previsto dall’art. 146 cod. pen. elvetico), in esecuzione del mandato di cattura emesso il 24 ottobre 2017 dal P.m. del Cantone di Zurigo.
All’estradando, arrestato in esecuzione dell’indicato mandato di cattura, è stata applicata la misura della custodia in carcere poi sostituita con quella degli arresti domiciliari ritenuta adeguata a presidiare il pericolo di fuga.
I fatti, come delineati dalla relazione di accompagno della richiesta di estradizione redatta dalle autorità elvetiche, sono relativi ad una operazione di cambiavaluta realizzata con la tecnica del cd. Rip-Deal mediante raggiro e con astuzia avente ad oggetto il cambio di 179.002 Bitcoin in 200.000 euro in contanti presso un Hotel di Zurigo, qualificato come truffa, ai sensi dell’art. 146 del codice penale elvetico.
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