La UE sulla tutela dei minori

La UE sulla tutela dei minori

di Fulvio Sarzana, Avvocato, Studio legale Sarzana e Associati

In generale, la strategia adottata si basa sulla strategia europea per un’internet migliore per i ragazzi adottata nel 2012. Quest’ultima ha influenzato le politiche nazionali in tutta l’UE ed è stata riconosciuta a livello internazionale, ma aveva in qualche modo fatto il suo tempo, al punto che, nel marzo 2021 la Commissione ha adottato una prima comunicazione che chiedeva di aggiornare la strategia del 2012, al fine di stabilire un contesto più sicuro per i giovanissimi in rete. La strategia fa inoltre seguito allo storico accordo politico provvisorio raggiunto di recente sulla legge sui servizi digitali, che contiene nuove garanzie per la tutela dei minori e vieta alle piattaforme online di mostrare pubblicità mirata basata sulla profilazione dei minori.

 

La UE sulla tutela dei minori

Gli obiettivi

La differenza di obiettivi tra la DSA e la proposta della Commissione è che la prima si focalizza sulle piattaforme e sugli intermediari on line, stabilendo, ma senza travolgere la norma madre oramai in vigore da più di venti anni, ovvero la direttiva sul commercio elettronico, principi da applicare alle grandi piattaforme, mentre la seconda cerca di mettere al centro la figura del minore, stabilendo principi anche tecnologici a tutela di quest’ultimo.

L’obiettivo è ambizioso ma il condizionale è d’obbligo, non solo perché al di là delle dichiarazioni di principio la strategia della Commissione, datata 2012, non ha dato i frutti sperati, anche in ragione di una rapida obsolescenza tecnologica, ma anche perché le norme “cd eticizzanti” tendono spesso a sovrapporre le giuste esigenze di tutela con inibizioni che ottengono il risultato opposto.

I problemi

Le strategie basate sulle inibizioni tecnologiche e su possibili obblighi di sorveglianza preventiva presentano diversi ordini pratici di problemi: il primo riguarda la “cessione” di poteri inibitori e di investigazione in senso lato a società commerciali che fanno altro di mestiere, con il rischio che i divieti a carico delle piattaforme diventino occasioni per ottenere l’esatto opposto, ovvero una discriminazione non sorvegliata adeguatamente di fonti e contenuti.

 

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