Abbiamo contattato telefonicamente, Fulvio Sarzana, avvocato ed esperto di diritto dell’informazione. L’avvocato ha chiarito la portata della sentenza: “è estremamente pericolosa, soprattutto per gli UGC — user generated contents — e per i social network, perché la Corte sta praticamente dicendo che chi gestisce la piattaforma risponde delle violazioni del diritto d’autore che sono compiute da terzi, ossia i propri utenti.” Oltre a Youtube e Facebook, anche i blog ed i forum finiscono con l’essere presi di mira.
La sentenza indica quattro prerequisiti che permettono di definire l’attività di una piattaforma come comunicazione al pubblico di contenuti protetti dal diritto d’autore:
- i gestori della piattaforma devono effettuare l’indicizzazione e la suddivisione in categorie dei contenuti
- essere a conoscenza della presenza e diffusione di materiale protetto da copyright
- effettuare una manutenzione dei contenuti
- trarre profitto dalle pubblicità inserite nel sito.
Potenzialmente, questa definizione “si estende a qualsiasi piattaforma,” prosegue Fulvio Sarzana: ad esempio Youtube mostra inserti pubblicitari, indicizza i propri contenuti, ed effettua una manutenzione ed interventi attivi sui contenuti stessi.
Questa sentenza sembra esattamente figlia dello zeitgeist che pervade l’Europa: cercare di rendere responsabili le piattaforme per la censura dei contenuti. Una scelta che rientra nelle intenzioni espresse anche da Theresa May ed Emmanuel Macronper combattere il terrorismo su internet: richiedere alle piattaforme l’introduzione di tecnologie per la rimozione automatica dei contenuti — rimozione automatica proposta anche nella riforma del copyright europeo.
Se l’Europa si muove verso una censura legalizzata e messa in mano alle aziende tecnologiche, lo scorso 9 giugno, il tribunale di Milano, invece, ha emesso un provvedimento in cui si ribadisce la rilevanza della presenza o meno di lucro nei casi di piattaforme online per stabilire se vi è l’illecito di violazione del copyright o meno — confermando quanto già espresso dal Tribunale di Frosinone in precedenza.
Questo è un aspetto importante, poiché come sottolineato da Fulvio Sarzana, al momento, l’Italia è l’unica a sostenere l’importanza di stabilire se l’introito pubblicitario di una piattaforma sia rilevante: “laddove non è chiaro lo scopo di lucro, la condivisione di file su internet non deve essere considerata un illecito.”
https://motherboard.vice.com/it/article/la-sentenza-della-corte-ue-contro-the-pirate-bay-rischia-di-avere-conseguenze-gravissime